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Arte e liberazione
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È stato presente alcuni giorni in Trentino per far conoscere l'esperienza di Marsam 301, un collettivo artistico palestinese, che opera nella città di Betlemme, in Cisgiordania. L'invito gli è giunto dal Forum trentino per la pace e i diritti umani, l'associazione Pace per Gerusalemme, Studio d'Arte Andromeda, con il sostegno di Edera. Non ne possiamo fornire il nome per ragioni di sicurezza personale. Riprendiamo alcuni punti della sua testimonianza così come sono emersi nel corso di un incontro con lo staff del ForumPace, quasi un'intervista collettiva all'ospite palestinese.

Marsam 301 è una piattaforma artistica che, attraverso la sua continua interazione con gli artisti e la comunità, mira a soddisfare le loro esigenze e aspirazioni. L'intento è quello di rendere la creatività e l'espressione una parte essenziale e necessaria della vita palestinese/araba, un elemento fondamentale per la salute e la resilienza della comunità, e una pietra angolare per la resistenza in tutti i campi.

Si tratta di un collettivo operante da oltre 10 anni e che - dopo il precipitare della situazione in Palestina con lo scoppio della guerra a Gaza - ha deciso di puntare sull'espressività artistica, formando giovani capaci di lavorare non per se stessi ma per la comunità. L'arte è intesa come strumento per liberare idee. Attraverso l'arte, le immagini e il suono si rivendica un diritto ad essere presenti negli spazi pubblici, possibilità che, oggi nel contesto della Cisgiordania risulta molto complessa.

Il collettivo chiede ai/alle giovani di esprimere la propria visione e i propri interessi senza alcun condizionamento, basandosi sulla relazione tra l'individuo e la comunità. Il loro lavoro è da guardare a lungo termine: il nostro interlocutore è molto contento di sapere che stanno formando degli artisti sia dal punto di vista tecnico, ma che soprattutto abbiamo la possibilità di diventare ed esprimere quello che vogliono in totale libertà.

Le aree di attenzione sono diverse: la fotografia, la recitazione, i video, la lavorazione del legno, la radio, la serigrafia. È grazie a quest'ultima che Marsam 301 è conosciuta a Trento, soprattutto per le borse le magliette stampate, con le grafiche realizzate dai e dalle giovani artisti/e.

A Betlemme è stata lanciata una mostra di murales e stampe a mano dal titolo: 'There is a voice/Fi Sawt'. Questa mostra è il risultato di un workshop d'arte specializzato incentrato sull'incisione e la stampa come strumenti di espressione in tempi di lotta.

Questo racconto fa venire in mente a qualcuno che ci sono delle forti similitudini con il Trentino di fine '800 e di inizio del secolo scorso. Allora i trentini avevano compreso di poter utilizzare l'arte (statue, musica, teatro) per comunicare le proprie aspirazioni verso l'Italia, superando così la rigida censura asburgica.

La situazione della Palestina è gravissima, non solo dal punto di vista politico (la Cisgiordania è occupata militarmente dallo Stato di Israele) ma anche economico, sociale, culturale. Il controllo della polizia è molto forte, non c'è alcuna libertà di espressione e quella di movimento è fortemente limitata. Gestire il commercio è impossibile. Spesso le scuole vengono chiuse. Per questo Marsam ha deciso di puntare sulla libertà di raccontare e raccontarsi attraverso la forma artistica.

La drammaticità della situazione viene descritta con grande freddezza dal nostro interlocutore, nonostante la giovane età. Nelle sue parole non c'è rabbia ma pacatezza e preoccupazione. È del tutto sfiduciato rispetto ai progetti di cooperazione interazionale, perché afferma essi celano quasi sempre il ricatto (magari non detto) di accettare la situazione, lo status quo. Gli aiuti umanitari finiscono per diventare uno strumento politico di oppressione.

La parola che ritorna è 'liberazione' per il popolo palestinese e non si può non comprendere questa più che legittima aspirazione. Il primo passo, concreto e non bellico, è quello di creare opportunità e dare la possibilità di immaginare un futuro per i/le palestinesi nella loro terra.

Parlare di 'pace' per il nostro interlocutore è un esercizio inutile perché con questo termine si intende spesso (brutalmente) la richiesta di rinunciare ai propri diritti per piegarsi a dire che tutto va come dovrebbe andare. In questo senso 'pace' è una trappola, perché non fa che agire da congelatore e ripropositore all'infinito di uno stato di fatto basato sull'ingiustizia e sulla prevaricazione, dove una popolazione si ritiene superiore all'altra e pretende di tenerla sottomessa.

La pace è tutt'altra cosa e non può essere scissa dai diritti umani. Non è un caso se la denominazione del ForumPace include entrambi questi termini. La pace non può essere 'ingiusta' e non può che provenire dal basso, dalla società civile. Questo viene comunicato al nostro interlocutore palestinese, insieme alla vicinanza e al sostegno per le sue giuste aspirazioni.


Autore

GG


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