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IL VIDEO DELLA COMMISSIONE EUROPEA
Survival Edition
Scarica immagineFrancesco Oggiano
Ad un certo punto della settimana i feed dei profili social sono stati presi d'assalto da condivisioni, commenti e analisi del video pubblicato dalla Commissaria europea per la gestione delle crisi, Hadja Lahbib. Vi viene presentato un kit di sopravvivenza da 72 ore, raccomandando ai cittadini europei di prepararsi per emergenze impreviste, come disastri naturali o conflitti bellici.
 
Se non lo hai visto, puoi vedere il video cliccando qui.
 
Già qui avremmo tanto da preoccuparci: perché dobbiamo prepararci a una guerra? Quale disastro ambientale dobbiamo fronteggiare?
 
Eppure, la cosa che ha maggiormente catturato l'attenzione di tutti e tutte è il tono leggero e ironico con cui Lahbib scherza sulle pratiche di sopravvivenza. Ci suggerisce di tenere nel nostro kit acqua, cibo e medicine, ma anche un coltellino svizzero ('My special friend a swiss army knife'), le carte da gioco e dei contanti, perché in nelle situazioni di emergenza a cui allude le carte di credito potrebbero essere solo dei 'pezzetti di plastica'.
 
E se l'organizzazione e la preparazione alle emergenze è un tema molto serio e articolato, le critiche a questo tipo di video sono state, soprattutto, quelle di voler rendere 'cool' l'idea di un conflitto armato, oltre che alla mancanza di sensibilità nei confronti della gravità della situazione.
 
Insomma, la domanda principale che ci siamo posti è: fino a che punto un alto rappresentante delle Istituzioni può utilizzare i linguaggi e i codici comunicativi dei social media? Ci siamo fatti aiutare nella riflessione da Francesco Oggiano (nella foto), giornalista, creator e autore della newsletter Digital Journalism.
 
Francesco, un video così leggero può far sembrare le crisi globali meno gravi di quello che sono?
Sì, più che altro può trasformare una situazione tragica in qualcosa di tragicomico, con il rischio di allontanare il pubblico invece che avvicinarlo al tema. Onestamente, non ho ben capito quale sia il messaggio di questo video. Dal punto di vista tecnico, è realizzato molto bene: il montaggio è efficace, la comunicazione scorrevole, e la protagonista è spigliata, sembra quasi un'influencer esperta. Ma qual è l'obiettivo del video, oltre a intrattenere? Dal punto di vista della comunicazione istituzionale, non mi è chiaro il suo scopo. Il rischio, paradossalmente, è che un approccio così leggero allontani le persone invece di avvicinarle. La comunicazione può certamente essere dinamica e coinvolgente, ma deve avere anche sostanza. Questo video dura due minuti, ma non trasmette un messaggio chiaro. Alla fine, cosa rimane?
 
Dove sta il confine tra una comunicazione istituzionale efficace e una che rischia di diventare solo un modo per attirare like?
Il confine è molto labile e dipende dall'obiettivo finale. La comunicazione, qualsiasi essa sia, è uno strumento che deve servire a qualcosa. Se l'unico scopo è ottenere like e visibilità, allora non è più comunicazione istituzionale, ma puro intrattenimento. I politici non dovrebbero comportarsi da influencer, ma possono certamente adottare tecniche e modalità comunicative tipiche del mondo digitale per rendere i messaggi più efficaci. Il montaggio accattivante, il linguaggio diretto, la capacità di coinvolgere il pubblico sono tutti strumenti utili, ma devono essere al servizio di un messaggio chiaro e di valore. Se manca un obiettivo ben definito, la comunicazione rischia di ripiegarsi su se stessa. Il problema è che, se tutto si riduce a una corsa ai like, l'impatto reale del messaggio si perde. Il giorno dopo, il video potrebbe essere già dimenticato e, peggio ancora, i temi più seri rischiano di essere presi meno sul serio.
 
TRATTO DA «IL MEGAFONO GIALLO», NEWSLETTER DI PAROLE O_STILI (numero del 31 marzo 2025)

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