
Anche se nessuno ha raggiunto il quorum, l'analisi dell'esito referendario va distinta per le due diverse tipologie di referendum.
Quelli sul lavoro erano troppo tecnici e anche contraddittori nel loro iter (il PD che vota contro le norme da lui stesso fatte approvare).
Interessa qui ragionare sul quinto referendum, quello sulla cittadinanza. Certo non gli ha giovato essersi trovato, quasi relegato, in compagnia dei quesiti sul lavoro, egemonizzati dal potente sindacato CGIL. Se fosse stato da solo forse qualcosa sarebbe cambiato. Non è un caso che questo sia l'unico ad aver registrato una forbice non piccola tra Sì e No. Segno che questo referendum ha suscito maggior dibattito e ha visto confluire alle urne anche chi non era favorevole alla riduzione degli anni necessari per chiedere la cittadinanza.
Resta il fatto che il quorum non è stato raggiunto e il tentativo di modificare la legge è risultato vano.
Senza tirar fuori il fin troppo trito e ritrito mantra della scarsa partecipazione (l'«inverno della democrazia»), bisogna tristemente prendere atto che la maggioranza degli italiani e delle italiane (il 70%) ha un atteggiamento negativo e di chiusura aprioristica nei confronti del fenomeno dell'immigrazione.
La tristezza aumenta se si pensa che in questo caso non era in discussione la regolamentazione del fenomeno ma un semplice passaggio che riguarda persone già stabilite in Italia, che qui vivono, lavorano, pagano le tasse. E dei loro figli e delle loro figlie, nati/e in Italia ma senza cittadinanza.
Si tratta di una chiusura del tutto irrazionale, che addirittura va contro i nostri interessi. Se non integriamo queste persone, chi pagherà le nostre pensioni quando la forza lavoro indigena sarà ai minimi termini? (Manca poco).
Né vale la giustificazione che sull'immigrazione c'è un'immonda speculazione politica, che gioca a creare «nemici», paure, tensioni per aumentare i propri consensi.
I mezzi di comunicazione hanno rilevato che la minore partecipazione in Italia è stata quella della regione Trentino-Alto Adige: il dato, però, va scorporato nelle due province. Così si scopre che a Trento l'affluenza è stata del 30% mentre a Bolzano esattamente della metà. Trento è in media con il resto d'Italia. E non poteva non essere così: sono testimone diretto dell'enorme lavoro di promozione, come volantinaggi, affissioni, bandiere, comizi, incontri, contatti Social ecc. ecc. che è stato fatto nel nostro territorio.
Lo sconforto è tanto, non per la mancata validazione del referendum ma perché si è evidenziato una volta di più il generale atteggiamento di chiusura egoistica e la mancata volontà di affrontare (ognuno per la sua parte e nel suo piccolo) un fenomeno globale come quello dell'intreccio delle popolazioni. Come lo struzzo che nasconde la testa nella sabbia, si nega la realtà reagendo con il rifiuto, la diffidenza, la violenza.
Se vogliamo trovare un aspetto positivo, possiamo dire che il referendum lascia un'esaltante esperienza di attivismo (in chi si è prestato/a), ha costruito relazioni e mostrato che ci si può organizzare in modo efficace anche senza strutture elefantiache, che in una rilevante fetta di popolazione c'è ancora il senso della responsabilità sociale.
E poi si deve sottolineare che la maggior parte di coloro che si è mobilitata era costruita da persone giovani. Questa volta gli/le adulti/e li hanno sconfessati, ma il tempo è dalla loro parte (che è quella giusta)!
[Questa notizia è stata pubblicata il 10/6/2025]
Foto: Google Foto (licenza CCI)
Autore
GG