
Riprendiamo l'editoriale apparso sul numero 25 (15/6/2025) del settimanale Vita trentina alle pagine 1 e 31.
Referendum, occasione persa o denaro sprecato?
Occasione persa o denaro sprecato? Questa la domanda che in molti hanno posto dopo la diffusione dell'esito della consultazione referendaria dell'8 e 9 giugno.
Per molti esponenti del governo nazionale e locale quello che si è celebrato non è stato il legittimo e costituzionale diritto ad esprimere i propri pareri su questioni di grande importanza, ma una dispersione di risorse. D'altra parte ciò che sta venendo avanti sottotraccia, in silenzio, è la cultura dell'autoritarismo, dell'uomo forte al potere che sta lentamente pervadendo la nostra società. Dunque ciò che non è in linea con questo potere è ritenuto superfluo, dannoso se non addirittura pericoloso. È come un lento fiume che, come spesso accade (in questi tempi anche troppo spesso) in natura esonda e fa sentire la propria voce. Perché in fondo le esternazioni ora di questo o quel ministro o della stessa premier (vedi la sua dichiarazione sul Manifesto di Ventotene) altro non sono che l'emergere di un tarlo che lavora ogni giorno sottotraccia.
Ebbene, io e chi come me non vuole adeguarsi a questa dilagante cultura, penso che quella dell'8 e 9 giugno sia stata una grande occasione perduta. Per carità, in un tempo in cui nelle consultazioni politiche ed amministrative il partito dell'astensione tocca ormai costantemente percentuali bulgare, aspettarsi un massiccio afflusso alle urne era forse utopico.
Resta l'amarezza per non aver fatto comprendere a sufficienza come per lo meno il quinto quesito toccasse una questione dirimente per il futuro di questo nostro paese e di questa nostra Europa. Già di per sé lo strumento referendario, quando è frequente, è indice di insoddisfazione di buona parte dei cittadini verso la classe politica di un un paese. Nel caso di specie era qualcosa di più; era il momento per portare questa nostra Italia in linea con i paese che hanno compreso che un periodo di 5 anni è più che sufficiente per poter garantire la cittadinanza a centinaia di donne e uomini che stanno contribuendo in modo determinante alla crescita del paese.
E lo fanno spesso in quei ruoli ed in quelle mansioni che oggi vivono una drammatica emergenza per la scarsità di mano d'opera; dal badantato al bracciantato agricolo fino al settore turistico e manifatturiero anche il nostro Trentino affida a molti lavoratori stranieri: essi consentono la sopravvivenza in molti settori. Ciò che ci era chiesto era di fare un passo in più; di riconoscere che essi non sono solo braccia ( come ebbe ad evocare in passato un ministro belga), ma sono donne e uomini con una loro dignità.
Non siamo riusciti a compiere questo passo; così come abbiamo mancato l'opportunità di consentire a chi nasce in Italia da coloro i quali hanno ottenuto la cittadinanza di poterne beneficiare automaticamente. Invece non è andata così.
Non è mio costume scaricare la frustrazione sugli elettori; ma penso che tutti noi dobbiamo porci delle domande. Dobbiamo farlo da cittadini di questo paese che vorremmo tutti fosse un luogo dove investire con fiducia il proprio futuro perché in esso sono garantiti pari diritti e dignità a tutti; perché questo paese si fonda su una Costituzione che è nata sulle ceneri della notte della civiltà e dell'umanità come luce per un nuovo mondo.
Dobbiamo farlo come cristiani. Perché il Cristo ci insegna che è nel riconoscimento del volto di Dio in ogni essere umano che si esplicita la nostra fede. Non esiste cristianesimo senza la dimensione dei poveri e degli ultimi; e senza la capacità di accogliere e di dare cittadinanza a chi desidera investire il proprio futuro nelle nostre città e nelle nostre valli. Allora è tempo di rimboccarci le maniche e di raddoppiare gli sforzi.
È tempo di costruire reti che sappiano diffondere una cultura di rispetto, giustizia ed accoglienza che sappia contrastare la deriva di chi all'Europa dei Popoli che si incontrano e convivono sognata dai giovani di Ventotene oppone ancora oggi la dottrina della Nazione della quale difendere i confini.
L'unico confine da difendere è quello che separa l'umanità dalla disumanità, C'è un dato che mi piace sottolineare: il Comune di Denno ha visto il 75% di sì; la percentuale più alta; il sindaco Vielmetti spiega che nel suo Comune da anni, in barba a chi addossa ai sindaci la colpa del rifiuto dell''accoglienza diffusa', si accolgono con progetti mirati stranieri e richiedenti asilo.
Eccolo l'antidoto alla chiusura: la conoscenza. L'incontro con le persone che porta le comunità a capire che accogliere è prima di tutto un'occasione di crescita e di futuro e che, in realtà, noi abbiamo bisogno di loro per lo meno come, se non di più, di quanto loro hanno bisogno di noi.
Allora facciamo sì che questa occasione persa sia per tutti coloro che credono ad un mondo giusto, in pace ed accogliente per riprendere il cammino con più forza e convinzione di prima.
Stefano Graiff
presidente del Centro Astalli Trento
[Questa notizia è stata pubblicata il 13/6/2025]
Foto: Comitato Referendum Cittadinanza