I portuali europei chiedono ai governi dell'Unione di bloccare le esportazioni di armi e di ritirare il sostegno diplomatico a Israele. Sottolineano che i trattati internazionali stabiliscono che le armi non dovrebbero essere esportate in zone di guerra dove i diritti umani sono violati.
'Negli ultimi ormai due anni, abbiamo visto un aumento degli armamenti che girano attraverso i porti', afferma Josè Nivoi, figura chiave del movimento dei portuali genovesi.
'Abbiamo fatto una serie di esposti a livello legale. La scusante C'è una scusante che loro usano: è come se fosse una compravendita tra privati e non uno spostamento di armi tra Stati. Compravendita tra privati, come se si comprassero banane.'
Da anni Nivoi raccoglie prove sui carichi di armi nel porto come rappresentante sindacale. I portuali accusano le autorità di mantenere deliberatamente il silenzio sui carichi scomodi.
«In Italia esiste una legge, la 185 del '90, che di fatto vieterebbe il transito e la spedizione di armamenti in quei Paesi che usano come risoluzione finale l'atto della guerra. Noi chiediamo che i porti civili non vengano utilizzati per spostamenti di armamenti».
Nel 2024, l'Italia ha dichiarato di aver sospeso le spedizioni di materiale militare di qualsiasi tipo verso Israele, onorando però i contratti firmati prima del 7 ottobre 2023. Questo si traduce in oltre 6 milioni di euro in armi e munizioni, ma anche manutenzione e pezzi di ricambio.
Dati e cifre sulle importazioni di armi di Israele
Israele importa quasi il 70% dei suoi armamenti dagli USA, che sono anche i principali esportatori di armi al mondo. La Germania è il secondo fornitore di Israele. Dal 7 ottobre 2023 ha autorizzato esportazioni militari per oltre 485 milioni di euro. L'Italia produce meno dell'1% ed è il terzo fornitore mondiale di Israele.
Il Trattato sul Commercio di Armi delle Nazioni Unite e la Posizione Comune dell'Unione Europea stabiliscono che gravi violazioni dei diritti umani e crimini di guerra dovrebbero impedire tali vendite. La Posizione Comune è vincolante, ma l'UE non ha strumenti per farla rispettare. Ogni Stato membro può interpretarla a suo modo. Dall'inizio della guerra di Gaza, Italia, Spagna, Belgio e Paesi Bassi hanno sospeso o limitato l'esportazione di armi verso Israele. C'è poca supervisione però sulle armi di Hamas, provenienti principalmente dall'Iran, Paese non firmatario del trattato ONU sul commercio di armi.
Perché Israele riceve sostegno militare dai Paesi dell'UE?
L'Unione Europea ha recentemente indicato che Israele sta violando i diritti umani a Gaza. E allora perché Israele continua a ricevere supporto militare dai Paesi europei? Giorgio Beretta, uno dei più autorevoli analisti italiani nel campo del commercio di armamenti e voce storica della Rete Italiana Pace e Disarmo, spiega che i trattati sono un'azione volontaria e che ogni Paese deve quindi poi impegnarsi a rispettarli.
'Le normative sono buone. Il problema sta nella loro applicazione, perché c'è sempre un ampio margine di discrezionalità', afferma Giorgio Beretta, dell'Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere.
Beretta spiega che le informazioni fornite ai governi nazionali, sono responsabili di garantire che le armi non vengano utilizzate per commettere violazioni dei diritti umani, sono spesso troppo vaghe.
Potrebbe essere indicata «la generica tipologia, per esempio velivoli o navi militari, ma un conto è un velivolo che può servire per l'attacco al suolo, un conto è un velivolo che può servire per il soccorso marino. Occorre sempre un gran tempo prima che un Parlamento possa esaminare le esportazioni del proprio Paese e quindi nel frattempo le armi sono già arrivate».
Nel maggio 2025, l'Unione Europea ha avviato la revisione dell'Accordo di associazione con Israele dopo aver accertato la violazione della clausola sui diritti umani a Gaza e in Cisgiordania. A luglio, l'Unione ha deciso di rinviare ogni iniziativa, incluse le sanzioni e un possibile embargo sulle armi, mettendo ancora una volta in evidenza le sue storiche spaccature su Israele.
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