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LA CORTE EUROPEA SUI RIMPATRI
Una sentenza per i «nostri» diritti
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Vivisezioniamo la «nota di Palazzo Chigi» emessa dopo la sentenza della Corte di giustizia europea sui Paesi sicuri di rimpatrio.

 

Queste le affermazioni contenute:

a) la decisione della Corte europea sorprende;

b) la giurisdizione europea rivendica spazi che non le competono.

c) la Corte di giustizia europea consegna ad un qualsiasi giudice nazionale la decisione su arte della politica migratoria;

d) la Corte fa prevalere la decisione del giudici nazionali sulle istruttorie dei ministeri interessati e valutate dal Parlamento sovrano;

e) la decisione è preoccupante perché riduce i spazi dei governi e dei parlamenti sul fenomeno migratorio, indebolendo il contrasto all'immigrazione e di difesa dei confini nazionali;

f) il tutto è singolare in quanto avviene pochi mesi prima dell'entrata in vigore del Patto UE su immigrazione e asilo.

 

Da questa vivisezione emerge chiarissimo che la motivazione della decisione - che si articola in 30 pagine - non ha alcuna menzione. È irrilevante, che si sia letta o meno, che si sia capita o meno,

 

Cerco di trarre l'essenziale di quella sentenza, per non annoiare, e di raffrontarlo alla nota di Palazzo Chigi. Per la sentenza:

1) i poteri legislativi e governativi possono stabilire quali paesi extra UE sono sicuri. al fine di trattare i migranti provenienti da quei paesi con procedure speciali di rimpatrio.

2) Le normative europee stabiliscono dei parametri che parlamenti e governi nazionali devono rispettare per identificare un Paese come sicuro, parametri che riguardano la necessità che tutti i cittadini di quei Paesi possano godere di diritti umani inviolabili.

3) Spetta ai giudici verificare se quei parametri siano o meno stati rispettati.

 

La nota di Palazzo Chigi afferma:

1) I Parlamenti ed i governi stabiliscono senza alcun controllo quali Paesi sono sicuri.

2) Sono i parlamenti ed i governi che applicano ed interpretano le norme europee sui diritti umani dei migranti

3) I giudici non sono legittimati ad operare alcun controllo su come parlamenti e governi nazionali applicano le norme europee e, se pretendono di farlo. adottano decisioni sorprendenti, singolari, invadenti.

 

Ancora più in sintesi. La Corte di giustizia europea sta con lo Stato di diritto, con le democrazie costituzionali, con i diritti umani che nessun governo o parlamento può calpestare. Il governo sta con chi vuole i Parlamenti e gli esecutivi nazionali al di sopra delle regole costituzionali ed internazionali, sta con la prevalenza sempre e comunque sui diritti dei singoli di ciò che decidono le autorità statali.

 

Una nota conclusiva. A molti, oggi, potrebbe importare poco o niente dei due bengalesi che, assistiti da un avvocato, hanno portato i loro diritti umani all'attenzione di un giudice italiano, prima, e di quello europeo dopo, per verificarne la spettanza.

 

Quei diritti umani un domani potrebbero essere i nostri: la nostra libertà di manifestare nostre idee sulla stampa o nelle piazze, la nostra libertà di movimento, di frequentazione di luoghi, che potrebbero essere messe in pericolo da norme adottate in ragione di pretese esigenze di sicurezza o di ordine pubblico o che pretendono di essere legittimate dalla maggioranza dei voti ottenuta in un'elezione.

 

Quando ci toccherà trovare un giudice per quei nostri diritti che riteniamo offesi da parlamento o governo e quando qualcuno vorrà impedire che i giudici si pronunzino su quei nostri diritti, allora. forse, ci ricorderemo dei due bengalesi. E se in quel momento ci sarà ancora un giudice indipendente e legittimato a decidere contro le pretese di governi e parlamenti di aver ragione a prescindere, allora, forse, diremo loro anche grazie.

 

Pasquale Profiti

Magistrato

 

Il testo è apparso sul giornale l'Adige nell'edizione del 4/8/2025.

 

 

[Questa notizia è stata pubblicata il 4/8/2025]
Foto: https://www.africarivista.it / Licenza CC BY-NC-SA 3.0 US.


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