
In un mondo segnato da numerosi e brutali conflitti che colpiscono in particolare la popolazione civile, compresi i bambini; in un mondo che è ritornato a praticare l'antico motto latino “si vis pacem para bellum”; in un mondo che si sta sempre più riarmando, la Chiesa propone una strada che va in direzione ostinata e contraria rispetto alla logica della guerra e delle armi.
L'Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, riunita ad Assisi, il 19 novembre 2025 ha, infatti, approvato una ampia e articolata Nota pastorale che ha come titolo “Educare ad una pace disarmata e disamante”. La Nota, di ben 34 pagine, resa pubblica nei giorni scorsi, è stata preparata dalla “Commissione episcopale per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia, la pace e la cura del creato”, con la collaborazione di teologi e teologhe,
Dopo un'analisi del contesto attuale, con i venti di guerra che spirano prepotentemente e le speranze di pace che sembrano affievolirsi e perdere consistenza, con i nazionalismi che sono tornati in auge mentre risultano in piena crisi le Istituzioni sovranazionali, con una sempre più diffusa “guerra mondiale a pezzi”, come la chiamava papa Francesco, e una minaccia nucleare evocata da più parti e incombente, i Vescovi nella loro Nota pastorale invitano ad attingere dalla Parola di Dio e dal Magistero della Chiesa una nuova visione di pace e di convivenza tra i popoli, evidenziando anche l'importanza del dialogo interreligioso.
Nel documento della Conferenza episcopale c'è un costante riferimento agli “artigiani e agli architetti” della pace, che in ogni epoca hanno dimostrato che quella della pace non è un'utopia ma una strada percorribile: da Francesco d'Assisi a papa Francesco con l'enciclica Fratelli tutti, da Benedetto XV con l'implorazione di porre fine all'“inutile strage” del primo conflitto mondiale a Giovanni XXIII con la Pacem in Terris, da Paolo VI con la Populorum progressio alle prese di posizione con il grido “Mai più la guerra” di Giovanni Paolo II, dai messaggi di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della pace a papa Leone e al suo invito per “una pace disarmata e disarmante”. E poi l'indicazione di tanti altri profeti e testimoni di pace e di nonviolenza: dal Mahatma Gandhi a Martin Luther King, da don Primo Mazzolari a don Lorenzo Milani, da don Tonino Bello a mons. Luigi Bettazzi, da Giorgio La Pira a Ernesto Balducci, da Alexander Langer a Aldo Capitini, da Igino Giordani a don Giovanni Minzoni, da Giuseppe Dossetti a Norberto Bobbio, da Albert Schweitzer a Maria di Campello, dal domenicano Bruno Hussar, fondatore del villaggio di Nevè Shalom, a Maria Vingiani, fondatrice del Segretariato di attività ecumeniche, da Massimiliano di Tebessa a tutto il cristianesimo delle origini. Le comunità cristiane vengono invitate ad attingere alla testimonianza di tutti questi artigiani e architetti di pace, al fine di trovare esempi e parole efficaci per il nostro tempo.
L'educazione alla pace, è scritto nella Nota dei vescovi, deve diventare “indicazione chiara e diffusa, testata d'angolo delle scelte pastorali ed educative”, partendo dalla preghiera, alla scuola di Gesù di Nazareth, al fine di ripensare “la pace come un vocabolario più che come un vocabolo”. La famiglia e la scuola devono essere ambienti privilegiati di educazione alla pace, luoghi di dialogo e di confronto.
I Vescovi invitano poi a delegittimare la violenza in favore del riconoscimento dell'alterità, a delegittimare l'inimicizia in favore della riconciliazione e infine a delegittimare la guerra in favore della nonviolenza.
Citando il libro Tu non uccidere di don Primo Mazzolari, i Vescovi affermano l'inaccettabilità della guerra, di ogni guerra, ricordando al riguardo le forme di resistenza nonviolenta che la storia ci propone, come quella del popolo danese contro la Germania di Hitler o quella dei ragazzi della Rosa Bianca.
Vi è poi l'indicazione di proposte operative, come l'obiezione di coscienza e un servizio civile obbligatorio con la convinzione che la difesa della patria passa per la cura della civitas, non per le armi, passa per la cura della dignità della persona umana e dell'ambiente non per la violenza.
La produzione e il commercio delle armi, scrivono i Vescovi, vanno rigidamente controllati a livello nazionale e internazionale. A questo riguardo vi è il sostegno esplicito a quanti disinvestono i propri risparmi da quelle banche e istituti finanziari che, offrendo i propri servizi alle industrie del settore bellico, sono coinvolti nell'economia di guerra. Similmente i Vescovi guardano con favore la scelta di obiezione professionale di coloro che si rifiutano di porre le proprie competenze a servizio dell'industria bellica, invitando le comunità a sostenere queste scelte di pace.
Nel documento viene presa in esame anche la figura dei cappellani militari e al riguardo i Vescovi si chiedono “se non si debbano prospettare diverse forme di presenza in tali contesti, meno direttamente legate all'appartenenza alla struttura militare”.
In conclusione vi è l'invito a prendere sul serio la radicalità dell'annuncio evangelico: “La chiamata ad essere operatori di pace deve farsi storia e vita delle comunità”. L'annuncio della pace “esige un no deciso alla logica bellica”, necessita del “coraggio della parola che non vuole vincere ma convincere”.
Una Nota pastorale, dunque, ricca di indicazioni e proposte, che attende ora di essere declinata e attuata nelle diocesi e nelle parrocchie.
Intervento pubblicato sul Giornale di Brescia del 17 dicembre 2025
[Questa notizia è stata pubblicata il 18/12/2025]
Immagine: Logo CEI.
Autore
Anselmo Palini